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Ecco la testimonianza di
chi ha reso possibile quest'opera:
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questo “opuscolo” si è voluto raccogliere le newsletter che
Gaetano
Conforto ha trasmesso via e-mail (dal 10
agosto 2003 al 12 luglio 2006) a
tutte le persone che si sono iscritte accedendo
al suo sito
R.Mallett e
J.Magueijo, due menti, due geniali teorie e molti punti in comune.
Ronald
L.Mallett (Ph.D), è un professore di fisica ed insegna all’Università del
Connecticut,negli Stati Uniti.La sua notorietà, è dovuta quasi esclusivamente
ad un progetto (da lui stesso voluto e portato avanti da lungo tempo), per la
realizzazione di una “Macchina del Tempo”.
João Magueijo,
è anch’egli un fisico teorico nonché assistente (l’equivalente di un professore
di ruolo negli Stati Uniti) all’Imperial College di Londra.La sua notorietà è
dovuta essenzialmente all’ipotesi (da egli stesso sostenuta) che la velocità
della luce non sia costante nell’Universo; da questa premessa ha elaborato una
serie di teorie legate ai concetti di Relatività Speciale e Generale,che
assieme prendono il nome di VSL (l’acronimo si traduce in: Varying Speed of
Light).
Con queste
parole, R.Mallett, da forma all’introduzione dell’articolo pubblicato su
“Physics Letters” l’otto maggio del 2000, ed intitolato: “ Il Campo
Elettromagnetico debole, della Radiazione Elettromagnetica in un anello laser”:
“Il Campo
Gravitazionale dovuto al flusso circolare di una radiazione elettromagnetica,
che emerge da un anello laser unidirezionale, è definito risolvendo le
equazioni lineari di campo di Einstein, ad ogni punto interno dell’anello
laser.
Le equazioni di
spin della teoria Generale della Relatività, vengono in seguito usate per
studiare il comportamento di un neutrone al centro dell’anello laser.Si rileva
quindi che tale particella, manifesta il fenomeno conosciuto con il nome di
trascinamento dei sistemi di riferimento (frame-dragging) inerziale” .
Detto in parole
povere quindi, la radiazione elettromagnetica di un raggio laser circolare,
dovrebbe deformare lo spazio-tempo all’interno dell’anello stesso di luce , e
di conseguenza provocare il frame-dragging (spostamento laterale) del neutrone.
Nello stesso
articolo, Mallett ci fa osservare anche che nella meccanica classica Newtoniana,
è soltanto la materia a generare il campo gravitazionale; ed una delle
conseguenze quindi più interessanti della teoria della Relatività Generale, è
la predizione che anche la luce è da ritenersi una “fonte di gravità”.
Il campo
gravitazionale di un raggio di luce non circolare, fu studiato molti anni fa da
Tolman (e ciò fu fatto usando un’approssimazione del campo debole, per le
equazioni di Einstein del campo gravitazionale).Tolman poi determinò
l’accellerazione di una particella stazionaria, nelle vicinanze del raggio di
luce. Ciò che egli scoprì, fu che l’accellerazione di tale particella era due
volte più grande di quella ipotizzata sulla base della teoria di Newton per il
campo gravitazionale di un’ asta (barra) compatta di simile lunghezza e densità.
Questo sembrò implicare che,in qualche modo, la luce forse è molto più
“efficace” della materia, nel generare un campo gravitazionale.
Tutto il lavoro
di Mallett sulla possibilità di manipolare lo spazio-tempo, è da intendersi
quindi come un epilogo (una generalizzazione) di vecchie teorie ed esperimenti
inerenti al campo gravitazionale, con l’introduzione del concetto di “flusso
circolare di radiazione elettromagnetica”.
L’apparato
sperimentale di Mallett, grazie agli ultimi ritrovati nel campo della tecnologia
laser,è in grado di generare un intenso,coerente e continuo flusso circolare di
luce. Facendo i dovuti calcoli relativistici , nell’ipotesi di un neutrone
rotante stazionario, posto esattamente al centro dell’anello laser, Mallett
scopre che una delle sue equazioni, ha esattamente la “forma” richiesta per
definire il “frame-dragging” nella teoria generale relativistica della
gravitazione.
È risaputo
ormai da parecchio tempo che la soluzione di Stockum per la metrica esterna di
un cilindro di polvere rotante infinitamente lungo, contiene linee temporali
chiuse.Il lavoro di Mallett,dimostra che anche le curve temporali chiuse,
intervengono in un cilindro di luce rotante infinitamente lungo. Tali
curve,potrebbero condurre un’ ipotetica particella nucleare, nel passato.
Una delle
obiezioni più “importanti” che Mallett ricevette in relazione ai suoi postulati
, pubblicati su “Physics Letters”, fu quella del matematico e studente di
cosmologia, Ken Olum .Quest’ultimo dichiarò che in ogni caso, anche se tutte le
equazioni relativistiche di Mallett (inerenti allo spazio-tempo all’interno
dell’anello di luce laser) risultavano corrette, l’energia necessaria per
distorcere lo spazio-tempo dovrebbe essere sproporzionatamente ed infinitamente
grande; e considerando la tipologia dei laser che vengono usati oggigiorno,
tale anello dovrebbe avere un diametro addirittura maggiore di quello
dell’Universo osservabile.
A questo punto
Mallett , a sua difesa, fece osservare questo: l’energia richiesta per la
distorsione dello spazio-tempo diminuisce, quand’ anche (contemporaneamente) la
velocità del fascio di luce laser diminuisce.Egli propose quindi,come soluzione
al problema, di far passare il raggio di luce laser attraverso una “sostanza”
che ne diminuisse la velocità; ma anche in questo caso, ricevette delle dure
critiche da parte del fisico J. Richard Gott, che a tal proposito gli fece
osservare quanto segue:
“La luce
viaggia molto più lentamente attraverso l’acqua che non attraverso lo spazio
vuoto, ma ciò non significa che tu invecchi molto più lentamente mentre fai del
nuoto subacqueo o che è più facile distorcere lo spazio-tempo sott’acqua”.
Ed ecco che a
questo punto, cominciano ad apparire assai interessanti, le ipotesi-teorie di
Magueijo , sulla variabilità della velocità della luce.
In sintesi,il
fisico portoghese propose una modificazione della Relatività Speciale,nella
quale un’energia fisica, come ad esempio l’energia di Plank, unisce la velocità
della luce come invariante, a dispetto di una completa Relatività di strutture
inerziali, in accordo con la teoria di Einstein per le basse energie.Questa
nuova teoria,
dovrebbe,in
linea di principio, trovarsi in accordo con la Relatività Speciale,
quando il campo gravitazionale è debole,se non addirittura assente ;e in esperimenti
che proverebbero la natura dello spazio-tempo su scale di energia molto più
piccole dell’Energia di Plank (EP).Tali considerazioni portano immediatamente
alla seguente domanda: “In quali strutture di riferimento,la lunghezza e
l’energia di Plank,rappresentano delle “soglie” per il nuovo fenomeno?”
Supponiamo che
vi sia una scala di lunghezza fisica che misuri la dimensione delle strutture
spaziali negli spazi-tempi quantistici, quali la zona ed il volume discreti
previsti vicino alla gravità quantistica (loop quantum gravity).Se questa scala
è la lunghezza di Plank,in una struttura inerziale di riferimento, la
relatività speciale suggerisce che può essere differente nella struttura di un
altro osservatore: un’implicazione diretta della contrazione di
Lorentz-Fitzgerald.
Senza
addentrarmi ulteriormente in altri dettagli tecnici, che alla fine non
farebbero altro che rendere ancora più difficile la comprensione del “nocciolo
della questione”;
cercherò ora di
presentare in parole povere ciò che si evince da tutte le ipotesi e le
considerazioni di Magueijo; affinché sia possibile intuire, anche per i meno
esperti in materia, le varie analogie e interconnessioni con le teorie di
R.Mallett.
Riducendo il
tutto veramente all’osso,possiamo affermare che (sulla base delle ipotesi di
Magueijo):
Variando la
velocità della luce ,nemmeno l’energia “immagazzinata” nel vuoto rimane
immutata(costante).
Detta così,in
tutta la sua semplicità,sembrerebbe una cosa da nulla; ma a livello teorico, da
un punto di vista quantistico-relativistico, le implicazioni che tale
considerazione comporta nella questione sollevata da Ronald Mallett, sulla
possibilità (secondo lui quasi scontata) di manipolare lo spazio-tempo
attraverso dei fasci circolari di luce laser, sono davvero enormi.
Denzel Washington impegnato in un film adrenalinico, una corsa
contro il tempo: è possibile cambiare il corso degli eventi?
C'è un sistema per modificare il passato?
Tutto ha inizio a New Orleans, quando un atto terroristico viene compiuto
ai danni di un battello affollato dell’equipaggio di una portaerei, riunito
insieme ai propri familiari per i festeggiamenti del martedì grasso.
Una strage: uomini, donne, bambini. Sul posto accorre Doug Carlin (Denzel
Washington), agente dell’ATF (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and
Explosives, agenzia federale che dipende dal ministero della Giustizia). Carlin
si mette al lavoro con fiuto da segugio, rintraccia le prove della presenza a
bordo di un potente esplosivo: l’uomo si muove sicuro e sa il fatto suo e, ben
presto, affiancherà il team dell'FBI guidato dall’agente Andrew Pryzwarra
(Val Kilmer). Il gruppo ha la possibilità di visionare materiale video
reperito tramite satelliti, che permette loro di scorrere le fasi e le vicende
precedenti la strage.
Si scoprirà così la presenza di un motociclista sospetto (Jim Caviezel)
intento a trafficare sul bordo del ponte che sovrastava il battello al momento
dell’esplosione. Di più: il girato potrà scandagliare le azioni di una giovane
e splendida donna, Claire Kuchever (Paula Patton), uccisa dallo
stesso individuo che ha perpetrato l’atto terroristico.
Per Carlin le immagini struggenti sullo schermo, il quotidiano di Claire,
una giovane amante della vita, dal fascino ipnotico, hanno un significato che
agli altri pare sfuggire: Carlin ha la sensazione di un déjà vu,
confermato anche da alcuni indizi ritrovati nella casa della donna...
Ma come è possibile poi che un satellite registri tutti gli atti di un
individuo e che gli agenti/spettatori possano interagire con le immagini? Cosa
sta nascondendo il gruppo di Pryzwarra a Carlin? E, soprattutto,
cosa lega Carlin a Claire?
Il fenomeno del déjà vu
E' un fenomeno comune e diffuso, ma biologi, psichiatri,
neurologi e fisici sono tutti d'accordo nel sostenere che il déjà vu non
si presta a facili spiegazioni. I realizzatori del film hanno scoperto che al
riguardo esistono molte teorie che spaziano dalla psicologia alla pura
fantascienza e tra queste:
- alcuni neurologi credono che il déjà vu si verifichi quando il cervello si
fissa su un particolare – un odore, un suono o qualcosa che si è visto – la cui
ricomparsa in un altro momento provoca una momentanea confusione fra passato e
presente;
- alcuni medici sottolineano che il déjà vu è frequente nei pazienti affetti da
patologie al lobo temporale, così che se ne potrebbe dedurre l’origine da
un'inconsueta stimolazione di quella parte del cervello;
- alcuni psicoanalisti sostengono che il déjà vu sia una forma di
"soddisfazione del desiderio", per effetto della quale i desideri
profondi emergono dall'inconscio, come accade nei sogni, anche durante lo stato
di veglia;
- chi crede nella reincarnazione interpreta gli episodi di déjà vu come prove
di una vita precedente;
- gli scienziati che seguono le ultime scoperte nel campo della fisica
quantistica hanno ipotizzato che il déjà vu possa essere il risultato di
universi paralleli che si incrociano casualmente quando si spezza la struttura
spazio-tempo.
Prendete un produttore come Jerry Bruckheimer, un
uomo dal tocco di re Mida, che trasforma in dollari sonanti tutto ciò che
tocca. Tra le sue recenti produzioni La maledizione della prima luna
e Pirati dei Caraibi: la maledizione del forziere fantasma, tanto
per intenderci.
Affiancategli Tony Scott, il regista fratello di Ridley, con cui
ha fondato la casa di produzione Scott Free, un regista specializzato in
film di azione adrenalinici, quelli che ti tengono incollato alla poltrona
senza mai fiatare (Top Gun; Nemico pubblico; Domino).
Ai due fate capitare sulle rispettive scrivanie lo script firmato dall’esordiente
Bill Marsilii e dal candidato all’Oscar Terry Rossio (Shrek;
la serie dei Pirati; La maschera di Zorro; Shrek
2).
Impossibile non ipotizzare un successo, così come, per Bruckheimer e Scott
era impossibile lasciarsi sfuggire una vicenda che cattura immediatamente
l’attenzione, addentrandosi nelle zone più sconosciute del nostro esistere.
Il film riesce a mescolare thriller, azione, effetti speciali, un’intensa
storia d’amore, a riflessioni fondamentali sui misteri della vita. Senza mai
perdere mordente, ci introduce ai concetti di spazio e tempo, di stringhe
temporali, di possibilità di modificare il corso degli eventi, infilandosi in
una ‘piega del tempo’. Realizzando così il sogno di variare gli accadimenti,
riportare in vita un individuo, evitare disastri, stragi, incidenti. Modificare
le nostre scelte passate.
Punto focale è il déjà vu, quel fenomeno su cui filosofi, psicologi,
neurologi (e ognuno di noi) si è arrovellato, non riuscendo a dare una
spiegazione che risultasse soddisfacente al cento per cento. Quell’esperienza
spiazzante e destabilizzante che quasi tutti possono dire di aver vissuto
almeno una volta nel corso della propria vita. La sensazione di aver già
conosciuto una determinata persona o di conoscerla da sempre (che per certo,
nella logica delle cose, non possiamo aver conosciuto prima); ma anche la
sensazione di essere già stati in un certo luogo (in realtà sconosciuto); di
aver già compiuto determinati atti... ma anche, perché no?, la spiegazione del
cosiddetto colpo di fulmine, quando ci innamoriamo profondamente a prima vista
di chi non conosciamo affatto...
Il film di Tony Scott, il primo lungometraggio girato nella New
Orleans post Katrina, ha il pregio dell’equilibrio: nulla è di troppo, non
c’è una sola scena in più. La macchina da presa di Scott si ferma spesso
sulle espressioni dei volti, sullo stupore, l’incredulità, la disperazione e la
speranza, coadiuvata dalla fotografia affascinante di Paul Cameron (Collateral).
Tutto è funzionale alla vicenda, che acchiappa lo spettatore più smaliziato per
oltre due ore. Un film da non perdere: non ve ne pentirete.
Non guarderete l’orologio una sola volta.
Gli universi paralleli
Per comprendere meglio ciò che i fisici più all'avanguardia
sostengono a proposito delle leggi che regolano il funzionamento del tempo, Jerry
Bruckheimer e Tony Scott sono andati direttamente alla fonte: hanno
consultato alcune tra le menti più brillanti della fisica mondiale, tra cui il
dottor Brian Greene, esperto della teoria delle stringhe e
docente di fisica alla Columbia University. Bruckheimer spiega: "Abbiamo fatto del nostro meglio per studiare a
fondo i vari personaggi di Déjà vu, inclusi gli scienziati del laboratorio
'finestra temporale'. Io ho costruito la mia carriera su storie che portano lo
spettatore in mondi in cui non era mai stato, ma vi garantisco che stavolta
entrerete davvero nel mondo descritto dal film. Muoversi al limite tra scienza
e fantascienza è una questione delicata e complessa, ma con Déjà vu intendevamo
mettere in comunicazione questi due mondi e prospettare possibilità che forse
non sono così inverosimili come appaiono".
Per entrare nel mondo sorprendente della fisica dei quanti, Bruckheimer
e Scott hanno incontrato il dottor Greene e gli hanno chiesto di
spiegare loro nel modo più semplice possibile alcune teorie che stanno dietro
l'idea dei viaggi nel tempo e degli universi paralleli. Greene,
servendosi di una lavagna su cui segnava i concetti principali per chiarezza,
ha spiegato a Bruckheimer e Scott che noi viviamo in un mondo in
cui non sempre siamo consapevoli dei trucchi che ci gioca la nostra mente
quando si tratta del tempo. Per esempio, quando ci si guarda in uno specchio
posto a una distanza di circa due metri e mezzo si crede di vedere la propria
immagine in tempo reale, ma in realtà si sta osservando un'immagine che risale
a 16 nanosecondi prima! (Quei 16 nanosecondi sono il tempo che impiega la luce
per riflettere il nostro viso sullo specchio e tornare indietro). A voler
essere rigorosi, quindi, stiamo guardando il passato
Approfondendo questioni più complesse, Greene ha
spiegato come oggi alcuni fisici, basandosi sulle prove più recenti, credano
nell’esistenza di un numero infinito di universi paralleli nel cosmo e
che a noi è capitato per caso di vivere in uno di questi e ignoriamo gli altri.
Un tempo ritenuta pura fantascienza, la teoria degli universi paralleli oggi
viene chiamata in causa da diversi e recenti studi cosmologici. Tra le varie
ipotesi sul modo in cui potrebbero funzionare gli universi paralleli, una fra
le più sofisticate viene da un'avvincente nuova frontiera della fisica
contemporanea: la teoria delle stringhe. La teoria postula che
l'universo sia composto da piccole stringhe o membrane che vibrano in undici
dimensioni. In questo cosmo pluridimensionale, gli altri universi paralleli potrebbero
essere separati dal nostro da una distanza minima della frazione di un
millimetro. Greene ha usato l'analogia del pane: il nostro universo e
tutto ciò che contiene sarebbe soltanto una fetta sottile di una forma di pane
di grandezza smisurata.
Per quanto queste teorie lascino irrisolti molti interrogativi, appare chiaro
che esse aprono sconcertanti prospettive sulla possibilità di viaggiare nel
tempo o di manipolare il passato e il futuro. Ma come saggiamente dichiara il
dottor Greene: "L'aver capito che nell'universo c'è molto di più di
quello di cui possiamo renderci conto in prima persona deve aiutarci ad
apprezzare maggiormente il nostro posto nel cosmo".
...in un sistema sferico, le singolarità nei buchi neri e l’Iperspazio.
Il tempo in un sistema sferico
Lo spazio ed il tempo sono interamente contenuti nella configurazione
spaziotemporale del nostro universo fisico a 3-D (3-D sta per tre dimensioni).
Quando diviene possibile “uscire” da questa configurazione, è possibile
visualizzare il “contenitore” fisico della configurazione spaziotemporale. Gli
scienziati attualmente stanno comprendendo che la “consapevolezza integrata” ha
infinite dimensioni temporali e questo è simile ad un sistema di coordinate
sferico. Qualunque parte di esso può vedere il resto di esso (vedi più avanti),
e questo è qualcosa di stupefacente. La “consapevolezza integrata” è dove le
cose iniziano e finiscono. (Quest'ultima frase potrebbe essere tradotta nel
seguente modo: il Big Bang, la singolarità iniziale, il puntino infinitesimale
da cui ha avuto origine “questo” Universo, uno degli infiniti esistenti, è
“consapevolezza”, la singolarità, in cui le leggi della fisica erano già a
livello della gravità quantistica, è un “punto” di “consapevolezza”, è, quindi,
l'atto con cui il Pensiero di Dio è divenuto Realtà, un punto da cui ha avuto
origine il Tutto e in cui il Tutto ritornerà).
“L'Universo “fluttua” nel dominio dell'iperspazio a più dimensioni.
L'iperspazio “contiene” questo “Chilled Universe”, Universo “Congelato”, che,
quindi, non può mai andare distrutto. Attualmente l'universo “congelato” non è
altro che un infinita dimensione temporale sferica la cui consapevolezza è
continuamente integrata. Le coordinate sferiche delle infinite dimensioni
temporali permettono di guardare al “tutto” da qualsiasi altro luogo
nell'universo “congelato”. Il concetto di tempo in un sistema sferico diviene
molto interessante. Esso, letteralmente, si “ripete” all'interno di uno
specifico “processo di penetrazione”. Questo sta a significare che l'Universo
“congelato” è attualmente un complesso sistema di consapevolezza integrato (la
cui consapevolezza è continuamente integrata, appunto da un processo di
penetrazione, da ulteriori consapevolezze) che manifesta se stesso come
“conoscenza”. Una volta che si diviene parte di un “processo di penetrazione”
(qua ci si riferisce a quando ognuno di noi acquisisce la vera
“consapevolezza”. In tale momento subentra l'estasi (samadhi) e il nostro Io
diviene un tutt'uno con l'Universo e si unisce alle altre “consapevolezze” cioè
agli altri Io che hanno raggiunto lo stato massimo: la Beatitudine,
l'Estasi), una volta, cioè, che si acquisisce la piena e vera “consapevolezza”,
per la natura sferica della dimensione temporale, diviene possibile continuare
a “tornare allo stesso luogo” continuamente, in modo tale da accrescere la
propria conoscenza che non ha fine (anche qui è possibile notare di nuovo il
concetto di Estasi o Beatitudine, stato in cui si acquisisce la massima
consapevolezza e la conoscenza del “tutto”, essendo questo uno stato in cui si
diviene un tutt'uno con la Grande Intelligenza Creatrice, il cui Universo è
pensiero divenuto realtà, Sua manifestazione materiale, il Verbo, l'Idea,
divenuta realtà fisica e psichica), perché eterne sono le dimensioni
temporali”.
“Chilled Universe”, letteralmente Universo Congelato, sta a significare che
esistendo un Multiverso e quindi un maggior numero di dimensioni, come anche
provato dalla Teoria delle Stringhe, l'Universo in cui noi viviamo è un
Universo in cui le dimensioni a noi invisibili si sono “compattificate”,
“congelate”, cioè non si sono “srotolate” come le tre dimensioni a noi note, ma
sono rimaste “congelate”, cioè sono rimaste “arrotolate” ed hanno lunghezze
infinitesime.
Singolarità dei buchi neri ed
Iperspazio
Ogni buco nero ha una singolarità centrale. Queste singolarità sono punti in
cui le leggi della fisica classica (ed i modelli matematici a queste connesse)
non sono più valide. Questo perché noi solitamente siamo abituati a considerare
ogni cosa o evento nell'ambito delle nostre 3-D. Queste parti centrali dei
buchi neri sono singolarità nelle 3-D, ma nella realtà dei fatti sono semplici
punti di transizione nelle più alte dimensioni (ricordiamo che per “più alte dimensioni
ci si riferisce all'Iperspazio n-dimensionale).
Quando le onde gravitazionali, delle vere e proprie “traiettorie attraverso il
tempo”, spingono i materiali verso la singolarità, questa viene definita una
singolarità “stabile”. Al contrario, quando i materiali sono spinti fuori, o le
onde di gravità sono spinte verso l'esterno, la singolarità viene definita
“instabile”. Abbiamo detto che le singolarità sono “anomalie” nelle 3-D ma sono
anche punti di transizione nelle più alte dimensioni. In esse, i punti di
transizione, dal punto di vista 3-D, divengono singolarità stabili, mentre, dal
punto di vista delle più alte dimensioni, divengono singolarità instabili.
Questi punti nelle più alte dimensioni non sono realmente singolarità instabili
ma sono punti che possono agire come punti di dimensioni più elevate virtuali
aventi un comportamento irregolare. (Questo significa che nell’Iperspazio una
singolarità agisce in maniera “instabile”, cioè casuale, che, in termine più
tecnico possiamo definire “quantistico”).
Ogni singolarità di un buco nero ha un ciclo limite molto vicino al punto
singolare che diviene l'interfaccia alle dimensioni più alte. (I cosiddetti
wormholes, all'interno dei buchi neri, possono essere quindi visti come
interfacce verso le n-dimensioni dell'Iperspazio). La singolarità procederà
verso il ciclo limite e in un tempo abbastanza breve sarà “spinta fuori”
nell'Iperspazio n-dimensionale. I cicli limite sono “cerchi” intorno ad un
punto che agiscono come un “passaggio”. Ogni cosa esterna al ciclo limite è
attratta verso di esso o dal punto di singolarità stesso. (Il ciclo limite è
quindi una coordinata e può benissimo tradursi in una sorta di “orizzonte
eventuale” attraversato il quale ogni cosa è attratta verso la singolarità centrale
del buco nero, che, a sua volta tramite un wormhole, permette il “passaggio”
verso il Superspazio n-dimensionale, quindi l'Iperspazio).
Attualmente sta divenendo matematicamente chiaro il fatto che le onde
gravitazionali possono facilmente passare attraverso i punti delle singolarità
situati nei buchi neri. Questi connettono la “consapevolezza integrata” e
forniscono la direzione dall’universo “congelato” all'Iperspazio. (Quindi,
attraverso i wormholes si passa dal nostro universo le cui ulteriori dimensioni
sono “arrotolate”, “congelate” all'Iperspazio, dominio della Teoria del Tutto
in cui coesistono tutti le infinite dimensioni e tutti gli infiniti Universi.
Qualcosa di simile è descritto anche dalla Teoria delle Stringhe che richiede
uno spazio-tempo a 26 dimensioni per quanto concerne l'azione di stringa
bosonica e 10 dimensioni per quanto concerne l'azione di stringa
supersimmetrica che comprende anche le stringhe bosoniche. Difatti, in
cosmologia di stringa, è noto che le 4 dimensioni dell’universo a noi noto, tre
spaziali ed una temporale, sono state “srotolate”, mentre le altre 6 sono
rimaste “arrotolate”, “congelate”, “compattificate” in un complicato spazio
topologico che viene chiamato spazio o “varietà” di Calabi-Yau).
Ora, raffiguriamoci il tempo come un vettore. Il tempo vettoriale può essere
visto come un filo che permette il movimento unidirezionale, sebbene, come
visto in precedenza (vedi par. “Il tempo in un sistema sferico”), non sia
impossibile invertire il flusso. (È qui chiarissimo il riferimento alla freccia
del tempo, e quindi al tempo paragonato ad un vettore che, in Fisica, viene
raffigurato da una freccia. Nel caso della freccia del tempo à questa, almeno
dal punto di vista classico, va sempre dal passato verso il futuro, nella
direzione ovest-est. Non è detto però che in un contesto quantistico, quindi
nel dominio della gravità quantistica, questa non possa invertire la
direzione).
Nell'Iperspazio il tempo è una dimensione aperta. I vettori temporali sono
infiniti e possono essere proiettati su qualsiasi combinazione di dimensioni
spaziali. I vettori temporali comunque sono connessi attraverso innumerevoli
singolarità che operano in un modo programmato. È interessante notare che, in
accordo con la fisica contemporanea, il Big Bang stesso è il risultato di una
singolarità appartenente ad una dimensione più elevata, non solo, nel
brevissimo tempo del Big Bang, milioni di singolarità furono create. (Anche qui
è possibile dare la seguente interpretazione: Il Big Bang è una singolarità
“nuda”, cioè priva di orizzonte degli eventi, da cui sono scaturite la materia
(fermioni) e le forze (bosoni). Nella singolarità erano contenute già, come in
un “embrione” sia le onde, sia le particelle, che, dal modello
Palumbo-Nardelli, si è visto sono in corrispondenza biunivoca, cioè da
un’azione di stringa bosonica corrisponde l'azione di superstringa e viceversa.
Inoltre, la singolarità del Big Bang, in termini di Teoria di Stringa non è
altro che una particella, quindi una stringa bosonica, che aveva un
quantitativo infinito di energia. Tale “particella” esisteva nel dominio
dell'Iperspazio, dominio in cui esiste il Tutto, l'Assoluto, l'Eterno.
Nell'Iperspazio il tempo così come noi lo conosciamo non esiste: esiste
l'Eternità, una sorta di super-dimensione in cui passato, presente e futuro
coesistono ed a cui è possibile accedere soltanto quando si giunge allo stato
di massima “consapevolezza”, cioè allo stato di Estasi o Beatitudine. Difatti,
molti uomini Iniziati, o Illuminati possono “varcare” la soglia del tempo e
“vedere” eventi già avvenuti o che ancora devono accadere. Questo perché la
loro “mente” libera dalle catene della materia è in grado di “lasciare” il
nostro sistema di riferimento, cioè il nostro spazio-tempo quadridimensionale,
e “fluttuare” liberamente nel Superspazio, in cui Tutto è Uno).
Quindi, le singolarità dei buchi neri sono le fondamenta dell'Universo 3-D.
Esse forniscono le basi per l'integrità strutturale e per le forze che
mantengono l’intero Universo che è in rapida espansione. Esse forniscono anche
i mezzi di comunicazione tra l'Iperspazio, l'Universo “congelato” e l'Universo
3-D. La “consapevolezza integrata” è il filo che lega il tutto. Riguardo poi al
fatto dell'Universo quale “sistema di consapevolezza” che manifesta se stesso
come “conoscenza” è interessante per chi vuole approfondire l'argomento,
leggere la filosofia e cosmologia Induista, che trattano in modo dettagliato
tale argomento e che, se lette con mente aperta e senza pregiudizi, aiutano
moltissimo a conciliare Scienza e Fede.
Traduzione ed
interpretazione personale degli articoli “India Daily Technology Team” a cura
di Michele Nardelli / dicembre 2006
Fonte: www.acquaracity.org
L'autoradiografia recettoriale spiega l'azione dei farmaci in microdosi
La tecnica della microautoradiografia recettoriale permette di studiare sia
l'azione stimolatoria che quella inibitoria di dosi molto basse di sostanze
tossiche, ovvero del fenomeno conosciuto come ormesi.
La conoscenza della cinetica e della distribuzione dei farmaci a livello
tissutale in vivo è il prerequisito per comprendere il meccanismo di azione dei
farmaci stessi. Le tecniche usualmente utilizzate non permettono una conoscenza
dettagliata del fenomeno in un ampio intervallo di concentrazioni a causa della
scarsa sensibilità delle tecniche stesse. Nel recente passato è apparso sul Journal
of Pharmacological and Toxicological Methods un bel lavoro di W. E.
Stumpf, dell'Università del North Carolina a Chapell Hill, dedicato alle
sue ricerche volte a ottenere una indagine dettagliata delle interazioni tra
farmaco e recettore in vivo mediante microautoradiografia recettoriale.
Con questa tecnica è stato possibile riconoscere recettori cellulari a
differente affinità nel nucleo e nel citoplasma. In particolare, è il nucleo
cellulare in generale ad avere l'affinità maggiore per le sostanze. Pertanto,
nel caso in cui le concentrazioni della sostanza siano basse, esse si legano
preferenzialmente al nucleo. All'aumentare della concentrazione si ha la
saturazione dei recettori del nucleo e allora vengono occupati anche i
recettori citoplasmatici. Molto interessanti, a questo proposito, gli studi
finalizzati a riconoscere le interazioni della vitamina D con l'organismo
vivente. Con la tecnica della microautoradiografia recettoriale, infatti, si è
potuto documentare il legame della 1,25-diidrossivitamina D3 con i nuclei di
alcune cellule del cervello e del midollo spinale,sconfessando in tal modo la
convinzione di una captazione negativa da parte delle strutture nervose, ovvero
dell'esistenza di una barriera emato-cerebrale. Per contro, con tale tecnica si
sono evidenziati siti di azione della vitamina D nelle cellule secernenti
l'ormone tireotropo nell'ipofisi anteriore, nel nucleo dell'amigdala, nei
motoneuroni del midollo spinale con conseguenti evidenze di azioni della
vitamina D su diversi fattori cerebrali come la serotonina,
l'acetiltransferasi, il fattore di crescita neuronale, etc. Allo stesso modo,
la scoperta di siti recettoriali della vitamina D sulle cellule dello strato
germinale della cute ha suggerito un effetto sulla differenziazione e
proliferazione della pelle, la cui conoscenza porta ad un uso terapeutico della
vitamina D, per esempio, nella psoriasi.
In definitiva, con tale metodo di indagine è stato possibile conoscere una
grande quantità di siti recettoriali per la vitamina D in tutto l'organismo
umano e questo ha permesso di definire una mappa fino ad oggi sconosciuta di
tessuti bersaglio della vitamina D. Questi studi documentano dunque che la
risposta cellulare è funzione della dose somministrata e del tempo e che essa
dipende dal tipo di sito recettoriale raggiunto. Le più piccole dosi della
sostanza interagiscono con il nucleo, mentre a concentrazioni superiori la
cellula risponde anche a livello citoplasmatico. Stumpf, facendo riferimento
alla Legge di Arndt-Shulz, più di recentemente ribattezzata come
ormesi, propone l'utilizzo della tecnica della microautoradiografia per
indagare l'azione bifasica delle sostanze sui sistemi biologici. Dal momento
che i siti recettoriali del nucleo sono molti meno di quelli citoplasmatici, è
ipotizzabile che l'esito dell'interazione della sostanza con il citoplasma
provochi un effetto molto diverso e forse anche opposto a quello che si ha
preferenzialmente alle basse dosi per interazione con i nuclei cellulari. Dalla
lettura di questo lavoro, così come di altre ricerche simili apparse sulle
migliori riviste scientifiche, possiamo trarre due riflessioni: 1 - la
tecnologia possiede strumenti di indagine affidabili e utili a comprendere
l'azione dei farmaci in microdosi sull'organismo vivente; 2 - il
teorema della farmacologia classica, che vuole che l'azione di una sostanza sia
univoca e proporzionale alla sua concentrazione, non è obiettivamente più
sostenibile.
Una dieta equilibrata si basa
fondamentalmente sull'uso di cibi ricchi di fibre (cereali, frutta e verdura) e
carboidrati (pane,
pasta e riso). Altri alimenti consigliati sono i legumi e il pesce, da preferire alla carne.
La carne bianca
(pollo, coniglio, tacchino) è comunque preferibile rispetto a quella rossa. Tra
i prodotti caseari (latte, formaggio e yogurt) prediligere quelli
"magri", mentre sono da limitare le uova. Il condimento ideale è
rappresentato dall'olio d'oliva.
Per quanto riguarda le bibite, è bene evitare quelle gassate, bere molta
d'acqua e moderare l'assunzione di vino, limitandola ai soli pasti.
Il consiglio principale per una sana alimentazione resta in ogni caso quello di
mangiare tutto, ma con moderazione:
gli eccessi della tavola, infatti, possono favorire l'obesità, le patologie
cardiovascolari ed epatiche, le dislipidemie, diversi tipi di tumore (al colon,
al seno, all'utero) e il diabete.
La dieta mediterranea
La dieta
mediterranea - basata sul consumo di alimenti ricchi di fibre (cereali, legumi,
frutta e verdura), di olio d'oliva, di pesce in preferenza alla carne e di
quantità limitate di prodotti caseari - è da sempre considerata una dieta sana
e nutriente, utile per contrastare l'invecchiamento cellulare e le malattie
cardiovascolari.
Coloro che scelgono
un’alimentazione vegetariana entro i 30 anni presentavano con molta
probabilità una media più alta nel quoziente di intelligenza durante
l’infanzia: uno studio inglese
Una recente ricerca britannica
pubblicata sul British Medical Journal dimostrerebbe come coloro che
scelgono di diventare vegetariani entro i 30 anni di età, con ampie
probabilità presentavano una media di cinque punti in più del quoziente
intellettivo durante l’infanzia e, in particolare, intorno ai dieci anni di
età.
La singolare equazione è frutto di una ricerca condotta su 8.179
persone sottoposte a test-intelligenza quando avevano, in media, 10 anni.
Ebbene, venti anni più tardi, è stato chiesto loro di descrivere il tipo di
alimentazione adottata: 360 individui hanno dichiarato di aver scelto una
dieta vegetariana più o meno rigorosa (ovvero con piccoli ‘strappi alla
regola’ costituiti da consumo di pesce o pollo).
Compiendo uno studio “a ritroso”, i ricercatori inglesi coordinati
dall’epidemiologa Catherine Gale della University of Southampton, hanno
scoperto che i maschi vegetariani presentavano in media un punteggio di 106
contro 101 dei non-vegetariani, mentre le donne vegetariane vantavano 104
punti contro i 99 delle non-vegetariane.
Secondo quanto dichiarato da Liz O’ Neill della Vegetarian Society
britannica, “lo studio del team della Gale dimostrerebbe che le persone
che risultano più intelligenti sono anche le più sane: eliminare le carni
dalla tavola porta, infatti, enormi benefici a cuore e arterie”.
Le donne più attive e più
impegnate in attività ricreative sono maggiormente protette dal tumore al
seno
Fare attività ricreative ed
esercizio fisico aiuta e donne a proteggersi dal tumore al seno.
Lo ha dichiarato la studiosa Aditya Bardia della Mayo Clinic di Rochester
dopo aver analizzato il legame tra attività ricreativa e tumore su oltre 36.000
donne che avevano preso parte al Women’s Health Study dello Stato
dello Iowa e che erano state seguite per diciotto anni, durante i quali si
sono registrati 2.548 casi di carcinoma
mammario.
Il 71,1% dei tumori risultava positivo ai recettori per progesterone ed estrogeni, il 13,5%
era positivo ai recettori per estrogeni, il 13,1% era negativo ai
recettori, mentre il 2,3% era positivo al progesterone.
Al termine dell’analisi è emerso chiaramente che le donne in post-menopausa
che erano solite dedicarsi a regolari attività ricreative o sportive
risultavano essere le meno colpite dal cancro. “Queste donne
avevano, inoltre, meno probabilità di essere colpite dal cancro positivo al recettore per gli estrogeni,
generalmente una forma di neoplasia
particolarmente aggressiva”, ha aggiunto Bardia sugli Archives of
Internal Medicine. Lo studioso americano ha concluso che le donne del
campione preso in esame che si dimostravano più attive godevano di una
riduzione del rischio di tumore al seno pari al 14%, mentre le probabilità
per loro di sviluppare un tumore positivo ai recettori per gli estrogeni
scendeva del 33%.
Un ampio studio italo-americano,
coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, dimostra che una dieta
ipoproteica protegge dal rischio di molti tumori
Meglio ridurre la quantità di proteine
assunte quotidianamente se si vuol vedere scendere anche il rischio di
sviluppare alcuni tipi di cancro. L’ultima conferma arriva proprio da
uno studio italo-americano, quello condotto dai ricercatori della Washington
University School of Medicine di St. Louis e coordinato da Luigi Fontana, del
Dipartimento di Sanità Alimentare e Animale dell’ISS.
Ad essere presi in esame sono stati tre gruppi di 21 persone:
il primo composto da vegetariani che assumevano in media 0,73 grammi di
proteine per chilo di peso corporeo, il secondo gruppo era rappresentato da
atleti specializzati nella corsa di resistenza che assumevano in media 1,6 grammi di proteine
al giorno per chilo di peso. Del terzo gruppo facevano parte, invece, 21
soggetti sedentari che seguivano un regime alimentare tipico degli Stati
Uniti: 1,23 grammi
di proteine al giorno per chilo di peso. I ricercatori hanno, così, esaminato
l’incidenza di alcuni tipi di tumori nei soggetti di tutti e tre i gruppi. “Nel corso della nostra indagine abbiamo constatato che sia gli individui
che adottavano da lungo tempo un regime alimentare caratterizzato da un basso
apporto proteico sia gli atleti mostravano un basso contenuto di grasso
corporeo e di conseguenza valori più bassi di insulina, testosterone libero e citochine pro-infiammatorie”,
ha spiegato Fontana sulle pagine dell’American Journal of Clinical Nutrition. Questo
si traduce in una riduzione del rischio di essere colpiti da numerose
malattie e da alcuni tumori: ad esempio, ha aggiunto lo studioso italiano, è
ormai chiaro che le persone in sovrappeso e obese sono più esposte al tumore del colon, dell’endometrio, del
rene, dell’esofago e della mammella post-menopausa ma
la dieta iperproteica potrebbe anche aumentare i rischi di ammalarsi di
neoplasie il cui sviluppo non è direttamente legato all’obesità, come il cancro alla prostata e
quello alla mammella nelle donne in età pre-menopausale.
Ma quale è l’apporto proteico consigliato e più salutare? Il consiglio
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità fissa a 0,8 grammi quotidiani
di proteine per chilo di peso corporeo il limite ottimale; Fontana ha,
quindi, sottolineato che chi assume tra 1,2 e 1,6 grammi/kg al giorno ne
ingerisce dal 30 al 50% in più rispetto a quanto raccomandato.
E intanto Enrico Garaci, presidente dell’ISS, ha annunciato che verrà aperto
un centro dove verranno condotte ricerche sul legame tra alimentazione,
attività fisica e salute (soprattutto invecchiamento dei tessuti e sviluppo
di patologie croniche degenerative).
I bambini che soffrono di asma
fanno poca attività fisica: un errore che compromette la salute fisica e
mentale
“I bambini asmatici dovrebbero
essere spronati a fare comunque un’attività sportive che migliori le loro
condizioni di salute sia fisica che mentale”, lo dichiara la studiosa
britannica Cristine Glazebrook sulle pagine della rivista specializzata Pediatrics.
La ricercatrice dell’Università di Nottingham ha recentemente condotto uno
studio proprio sui bambini asmatici che sempre più spesso rinunciano ad ogni
tipo di sport ed attività fisica: un atteggiamento, spiega la scienziata, che
non fa che incidere negativamente sulla loro salute, aumentando il rischi di
obesità oltre che compromettere la loro vita sociale.
La ricerca ha visto coinvolti 56 bambini tra i 7 e i 14 anni che erano stati
ricoverati in ospedale per crisi asmatiche e 71 bambini in buona salute: i
ricercatori hanno comparato i livelli di attività fisica, gli indici di massa
corporea e lo stato di benessere generale di tutti i bambini e hanno concluso
che il BMI (indice di massa corporea) dei bambini asmatici risultava, in
media, più elevato rispetto al gruppo di controllo; anche il tasso
di obesità risultava più alto (21,4% tra glia asmatici contro il 6,6% degli altri
bambini). Non solo, i piccoli asmatici avevano anche maggiori difficoltà
emozionali, anche se quelli che facevano più attività fisica risultavano
godere di un maggiore benessere mentale.
Interessanti sono risultati anche i dati relativi ai genitori dei bambini:
più del 60% dei genitori dei bambini asmatici considerava la salute del
figlio come un ostacolo all’attività fisica, contro l’11% dei genitori di
bambini non asmatici; di riflesso anche il 66,1% dei bambini asmatici vedeva
il proprio stato di salute come una barriera insormontabile contro l’11,5%
dei bambini senza asma. “Lo studio dimostra che è necessario studiare delle
campagne di promozione dell’attività fisica destinate ai bambini asmatici ai
loro genitori, i piccoli vanno spinti all’esercizio fisico sin da piccoli,
una volta diventati più grandi è molto difficile riuscire a cambiare le
abitudini”, conclude la ricercatrice britannica.
Mangiare sano per
ridurre il rischio cardiovascolare
Un’alimentazione corretta aiuta a
migliorare lo stato di salute generale e a prevenire il rischio di malattie
cronico-degenerative come la malattia coronarica, l’ictus, il diabete e i tumori.
Per coloro che hanno già avuto una malattia cardiovascolare
(infarto cardiaco, angina,
ictus cerebrale) una giusta alimentazione può rappresentare una vera e
propria cura e ridurre la probabilità di andare incontro a nuove
manifestazioni della malattia.
L’infarto e l’ictus cerebrale rappresentano
attualmente la maggiore causa di mortalità nei Paesi industrializzati.
La comparsa di queste malattie è facilitata dal rischio cardiovascolare globale
generato dalla presenza di alcuni fattori predisponenti, chiamati “fattori di
rischio cardiovascolare”: colesterolo
elevato, pressione
arteriosa alta, fumo,
sovrappeso e obesità,
diabete e sedentarietà. Se è presente uno
solo di questi fattori, il rischio di essere colpiti da una malattia
cardiovascolare aumenta. Se sono presenti contemporaneamente 2, 3 o 4
fattori, il rischio cresce vertiginosamente, anche di 10-20 volte.