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REALTA' E ILLUSIONE Franca Casarin TERZA PARTE: Non solo buddismo, Conclusioni
Non solo Buddismo
Ciò che si avvicina di più alla fisica moderna è la
dottrina del Buddha che si fonda sulla constatazione che unica causa del dolore
umano è la manifestazione e che solo attraverso la non manifestazione è
possibile la conoscenza della causa del dolore e la via dell’annientamento di
esso. Il mondo manifesto è pura rappresentazione,
illusione dovuta alla conoscenza umana limitata dal presupposto razionale di
tempo - spazio. La vera realtà va ricercata fuori dal concetto di tempo e di spazio,
fuori dal nostro limitato mondo tridimensionale (impermanenza o particelle al
di qua della barriera della luce). Unica realtà è la Coscienza (permanenza o particelle
al di la della barriera della luce) e tutto ciò che esiste, esiste per un
fatto di Coscienza che lo crea (fenomenologia). Il dolore umano nasce dal fatto che l’uomo, anziché
considerare il mondo manifesto come illusione e sentire se stesso come
Coscienza, considera se stesso alla stregua del mondo manifesto cui è
intimamente connesso il dolore. Solo quando l’uomo arriva a conoscere se stesso
come Coscienza cioè come totalità proiettata nel mondo, ma da questo
distaccata, solo allora ha la liberazione dal dolore. Riscoprirsi come esseri
nella totalità, come esseri esistenti fuori dal mondo fenomenico limitato dal
tempo e dallo spazio (nella quarta dimensione). Questo è il significato profondo della dottrina del
Buddha: dottrina che va intesa come scoperta non solo mentale ma intuitiva. Posto al Buddha il problema dell’Assoluto e di ciò
che esiste oltre la morte egli rispose: “con
la tua mente non potrai mai arrivare a comprendere la trascendenza; la mente è
limitata”. L’essenza della predicazione del Buddha trova in
qualche modo riscontro nel pensiero occidentale, da Platone fino alla scienza
moderna che confermano come l’universo non sia altro che la proiezione della
coscienza umana. L’universo è maya (illusione) ripete la voce
dell’India e Buddha affermando “neti…neti…”
applicava la sua tecnica di ricerca sperimentale della verità escludendo man
mano ciò che l’uomo non è, per giungere all’essenza umana. Di qui la voluttà
della disintegrazione del proprio essere per staccarsi dalla realtà
fenomenica. Ma a distacco
avvenuto si apre la ricerca della capacità di diventare creatore: dissolta la
creatura, nasce il creatore. Affermazione e conferma dell’eterna verità biblica:
“Iddio creò l’uomo a sua immagine e
somiglianza”. Giuliana Conforto, in uno dei suoi libri “Il gioco cosmico dell’uomo” racconta: “…le particelle sono buchi neri microscopici cioè raggi di luce raggomitolati su se stessi che nascondono canali di comunicazione vitale tra il Computer Cosmico Centrale ed il terminale cioè l’universo osservato. Se così è i rilevatori siamo noi soggetti coscienti…..Più che una tesi questo può considerarsi un principio; un principio femminile perché riguarda la natura della sostanza madre che compone il tutto…. Secondi i papiri dell’antico Egitto c’è un sostanza che compone gli universi chiamata Nun. La sostanza è informazione. Tutto è informazione. Materia e pensiero, due stati diversi della stessa sostanza. Lo spazio delle informazioni o cyberspazio fatto da idee, immagini, forme e pensieri come canali di una rete telematica dove tutto l’universo osservato è un insieme di terminali, dalla particella elementare all’uomo terminale intelligente ed in potenza cosciente. Dal principio femminile discende una visione unitaria. Dalla madre materia (particelle) nasce il Campo Vitale, il Figlio. Il Campo Vitale ricompone i dualismi. Le emozioni emergono come forze cosmiche centrali e
determinanti….Soma e psiche appaiono come due tracce della stessa causa, della
vita o campo vitale…. Il vero paradosso
è il senso comune che giudica e vieta di comprendere l’unità”.
“Non esiste
luogo, in questo nuovo genere di vita fisica sia per il campo, sia per la
materia poiché il campo è la sola realtà” (Einstein). Conclusioni
Come è già stato accennato, i dati che i nostri sensi ci portano, e che noi chiamiamo realtà, non sono che la reazione della nostra mente agli stimoli che ci provengono dal mondo esterno. Quindi tale presunta realtà è soggettiva e la sua obiettività sta solo nel fatto che la maggior parte degli uomini reagisce agli stimoli in un modo, se no identico, almeno molto simile. Ne consegue che la mente non può sapere quale realtà esiste (e se esiste) dietro queste sue reazioni e perciò le nostre percezioni sono la trascrizione, in forme a noi intelliggibili, del Mistero dell’Universo. Esse hanno quindi il carattere di veri simboli.La gente comune prende per realtà il simbolo e da ciò risulta che non possiamo dire che quella che chiamiamo realtà sia illusione, ma che è illusoria la forma con cui la gente comune considera la realtà. Nello stesso modo uno potrebbe illudersi di conoscere e di possedere il mondo perché possiede …un mappamondo. Osserviamo ancora che ciò che noi chiamiamo realtà non è solo costituita dai dati dei sensi, ma dalla elaborazione che la mente fa con questi dati mettendoli in rapporto fra loro. E’ facile rilevare che tutti i sostantivi non sono che raggruppamenti di sensazioni diverse, che gli aggettivi non sono che giudizi cioè comparazioni fra le diverse cose. Più la mente è capace di simili operazioni, più la consideriamo sviluppata e ne è prova un linguaggio più ricco e più preciso. Ma la coscienza non ha solo a disposizione la mente per stabilire i rapporti fra sé e l’Universo. Morale, estetica, mistica sono alcune fra le molte possibilità. La coscienza investe l’oggetto con tutte le sue possibilità e quindi questo apparirà tanto più ricco, tanto più la coscienza sarà sviluppata. Un artistico vaso cinese apparirà per alcuni una cosa curiosa, mentre per altri rivelerà un mondo culturale ed estetico, eppure ,ambedue vedono materialmente lo stesso vaso. Su qualunque aspetto della vita noi portiamo la nostra attenzione esso diventa un simbolo. Le parole scritte sono simboli grafici delle parole suono, che pure sono simboli dei concetti, che a loro volta sono simboli del pensiero, che infine è simbolo della Coscienza totale. Il simbolo è la realtà percepita in un piano superiore che viene adeguata a coscienze che si trovano in piani inferiori. C’è una intima corrispondenza fra il simbolo (rappresentazione) e la realtà da cui esso emana. Una carta topografica è la proiezione in scala ridotta su di un piano di una regione a tre dimensioni. Analogamente come si è osservato parlando della ragione, l’immagine di un uomo è la proiezione del suo corpo su uno specchio. Pensando a noi stessi però ne facciamo un’immagine molto più complessa di quella che lo specchio riflette, poiché non è solo visiva, ma rappresentativa di tutto quel complesso che chiamiamo noi stessi. Studiare noi stessi significa quindi approfondire la conoscenza dell’immagine di quello che veramente siamo. Questa più profonda conoscenza ci rivela che la nostra persona, che credevamo fosse tutta la nostra realtà, è simile alla maschera che nelle tragedie antiche gli attori mettevano sul volto per simboleggiare un determinato carattere , facendo risuonare la voce attraverso di essa. Ci accorgiamo che la nostra personalità è il simbolo di noi stessi, mentre noi siamo …il Mistero. Se ricordiamo che possiamo conoscere l’universo per quel tanto di corrispondenza che siamo capaci di stabilire fra esso e la nostra Coscienza, concluderemo che noi conosciamo l’universo per quel tanto che esso si riflette in noi. PERCIO’ QUELLO CHE NOI CHIAMIAMO UNIVERSO E’ SEMPLICEMENTE LA PROIEZIONE SIMBOLICA DELLA REALTA’ DELL’UNIVERSO. (Così in alto come in basso). L’immagine è un microcosmo, in quanto riproduce in sé tutto il cosmo. Da ogni forma noi potremmo risalire fino ….. al Mistero e ciò può avvenire solo per mezzo dello sviluppo della nostra Coscienza poiché sviluppo di Coscienza e penetrazione del Mistero sono termini inscindibili al punto tale che potremmo pensare che nel momento in cui la nostra Coscienza raggiungesse il suo totale sviluppo, noi saremmo giunti alla conoscenza assoluta cioè saremmo identificati con l’Assoluto stesso. Ma allora il Mistero cesserebbe di esistere e con esso la Coscienza in quanto essa esiste come l’altro polo del Mistero. Con la fusione dei due poli l’universo verrebbe dissolto; svanirebbe cioè il simbolo perché noi conosceremmo la REALTA’.Soltanto perché la mente non può contenere la totalità della Coscienza noi siamo costretti a scindere la conoscenza in tempo e spazio e quindi a dover percepire le forme in quanto occupano uno spazio e i fenomeni in quanto si svolgono nel tempo costruendo così quell’immagine mentale (simbolo) che noi chiamiamo la Realtà…… Tutto l’universo squaderna dinanzi ad ogni Coscienza tutta la Realtà e tutta la Verità possibili, ma essa non può far altro che ridurla al grado del proprio sviluppo e quindi ogni Coscienza degrada al proprio livello il valore di una realtà-simbolo più elevata. Come un funambolo l’uomo vive su questo abisso, spesso confondendo la realtà con l’illusione e se mi chiedo per davvero se potrà mai comprenderlo questo mistero credo di poter rispondere come mi risponderebbe colui che io considero essere stato il mio maestro (Castellani). Forse con la mente no, nemmeno con la scienza che è
il prodotto del processo razionale della mente. Dalla caverna di Platone, in
cui la realtà fenomenica è paragonata alle ombre proiettate dalla vera Realtà
sul piano dei fenomeni, fino alla teoria della relatività, è un susseguirsi di
intuizioni di questo Mistero trascendente da cui per atto di Coscienza sorge la
manifestazione. Se il mondo è, invece che a tre, a quattro
dimensioni, tutti gli oggetti tridimensionali non sono che la proiezione della
loro realtà a quattro dimensioni come le ombre a due dimensioni sono la
proiezione della loro realtà a tre dimensioni. Perciò l’uomo terrestre non
sarebbe che la proiezione sul piano tridimensionale della sua realtà che esiste
fuori dal tempo-spazio in un mondo a quattro dimensioni. Si ripete in termini
moderni il mito della caverna di Platone. L’imperativo “conosci te stesso” implica la conoscenza di tutto l’universo nella
sua vera realtà pluridimensionale e questa conoscenza non possiamo acquisirla
che per mezzo di quello che siamo realmente, Coscienze non limitate dalla
fenomenologia spazio-temporale. L’apparente limitazione nel corpo non è una
limitazione della Coscienza, ma è la sua proiezione nel mondo tridimensionale
come l’ombra non è la limitazione del corpo, ma è la sua proiezione in un mondo
di dimensioni più limitate. Non si tratta più di voler capire, perché capire
equivale a limitare la realtà della Coscienza entro i limiti della mente. Si
tratta di diventare sempre più se stessi. Quale conclusione si può trarre? Una conclusione forse semplice: che Dio, la realtà,
la vita, noi stessi, non siamo un dato obbiettivo, ma il significato che noi
diamo a questi Miti. In altre parole la Realtà è il Mistero sul quale
proiettiamo un mondo di forme che crediamo, come gli schiavi della caverna,
siano delle realtà mentre scopriamo essere delle proiezioni sullo schermo
temporale dello sviluppo della nostra Coscienza. Forse altro non siamo che questo sviluppo. (… “e il naufragar m’è dolce in questo mare”).
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